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Giurisprudenza

Cass. civ., sez. III, 07-12-2004, n. 22987.

In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, l’unitarietà del diritto al risarcimento ed il suo riflesso processuale dell’ordinaria infrazionabilità del giudizio di liquidazione comportano che, quando un soggetto agisce in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni cagionatigli da un determinato comportamento del convenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta; tuttavia, tale principio non può trovare applicazione quando l’attore ab initio, o durante il corso del giudizio abbia esplicitamente escluso il riferimento della domanda a tutte le possibili voci di danno, dovendosi coordinare il principio di infrazionabilità della richiesta di risarcimento con il principio della domanda; ne consegue che, qualora nell’atto di citazione siano indicate specifiche voci di danno e tra le stesse non sia indicata quella relativa ai danni materiali, l’eventuale domanda proposta in appello è inammissibile per novità, mentre deve intendersi abbandonata se precedentemente formulata e non riproposta nella precisazione delle conclusioni (nella specie, relativa ad illecito da sinistro stradale, erano stati richiesti esplicitamente il danno biologico, morale e patrimoniale da lucro cessante, mentre il danno al veicolo era stato genericamente dedotto, senza richiesta neppure in sede di conclusioni, ma soltanto in comparsa conclusionale e in atto di appello).

 

Cass., sez. III, 18-04-2005, n. 8004.

Qualora sia provata, o non contestata, l’esistenza del danno, il giudice può far ricorso alla valutazione equitativa non solo quando è impossibile stimare con precisione l’entità dello stesso, ma anche quando, in relazione alla peculiarità del caso concreto, la precisa determinazione di esso sia difficoltosa; nell’operare la valutazione equitativa egli non è, poi, tenuto a fornire una dimostrazione minuziosa e particolareggiata della corrispondenza tra ciascuno degli elementi esaminati e l’ammontare del danno liquidato, essendo sufficiente che il suo accertamento sia scaturito da un esame della situazione processuale globalmente considerata (nella specie, la suprema corte ha ritenuto congruamente motivata la sentenza di merito che aveva ritenuto sufficiente, ai fini della prova sull’ammontare del danno subìto dal proprietario di un veicolo coinvolto in un sinistro stradale, la produzione del solo preventivo descrivente le riparazioni necessarie, in ragione dell’esiguità dei danni stessi e per non gravare le parti di ulteriori spese peritali).

 

Cass., sez. III, 08-04-2003, n. 5504.

Il danno per spese di assistenza domiciliare giornaliera, divenute necessarie in conseguenza di un incidente stradale subìto dal danneggiato, costituisce una componente del danno patrimoniale e non del danno biologico, in quanto l’assistenza è un rimedio per sopperire alle conseguenze del danno alla salute, non diversamente dalla necessità di cure sanitarie, e l’entità del danno è pari alla misura della spesa sostenuta per l’assistenza; ne consegue che se tale spesa non viene sostenuta la voce di danno non sussiste, e che la prova dei costi sopportati deve essere fornita dal soggetto danneggiato, salvo che, sussistendone le condizioni, il giudice non ritenga di ricorrere ad una valutazione equitativa.

Cass., sez. II, 05-07-2002, n. 9740.

Il risarcimento del danno da fatto illecito ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato senza l’evento lesivo e, quindi, trova presupposto e limite nell’effettiva perdita subita da quel patrimonio in conseguenza del fatto stesso, indipendentemente dagli esborsi materialmente effettuati.

Cass., sez. III, 01-12-1999, n. 13358.

Dinanzi a lesioni personali di devastante entità, che abbiano costretto il leso ed i suoi familiari a numerosi e ripetuti ricoveri, purché questi ultimi siano documentati, il giudice può liquidare il danno consistito nelle erogazioni per viaggi di cura e spese mediche anche in assenza della prova dei relativi esborsi, ai sensi dell’art. 1226 c.c.

Cass., sez. III, 19-11-1999, n. 12820.

In tema di risarcimento danni da incidente stradale, il c.d. «danno da fermo tecnico» del veicolo incidentato non può considerarsi sussistente in re ipsa, quale conseguenza automatica dell’incidente, ma necessita, per converso, di esplicita prova, che attiene tanto al profilo della inutilizzabilità del mezzo meccanico in relazione ai giorni in cui esso è stato sottratto alla disponibilità del proprietario, tanto a quello della necessità del proprietario stesso di servirsene, così che, dalla impossibilità della sua utilizzazione, ne sia derivato un danno (quale, ad esempio, quello derivante da impossibilità allo svolgimento di un’attività lavorativa, ovvero da esigenza di far ricorso a mezzi sostitutivi).

Cass., sez. III, 14-10-1997, n. 10023.

Poiché il risarcimento del danno si estende agli oneri accessori e conseguenziali, se esso è liquidato in base alle spese da affrontare per riparare un veicolo, il risarcimento comprende anche l’iva, pur se la riparazione non è ancora avvenuta - e a meno che il danneggiato, per l’attività svolta, abbia diritto al rimborso o alla detrazione dell’iva versata - perché l’autoriparatore, per legge (art. 18 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633), deve addebitarla, a titolo di rivalsa, al committente.

Giudice di pace Ancona, 08-07-1996.

Il danno da fermo tecnico è un danno ulteriore rispetto a quello arrecato alla struttura materiale del veicolo; è cioè quel danno che corrisponde alla sua mancata utilizzazione per l’altrui colpa; può configurarsi come lucro cessante e come danno emergente: assume connotati del lucro cessante quando a causa della mancata utilizzazione del veicolo si determini una perdita nel patrimonio del proprietario; assume i connotati di danno emergente quando il mancato utilizzo dell’automezzo costringa il suo proprietario all’esborso di somme di denaro; incombe sul danneggiato l’onere di provare l’obiettiva entità del danno provocatogli dall’inerzia del mezzo, con riguardo all’uso cui questo era adibito, ai ricavi che se ne producevano, ed alle possibilità di utilizzo che siano rimaste precluse proprio in dipendenza della forzata sosta del veicolo nello specifico periodo al quale la domanda di risarcimento si riferisce; in ogni caso il danno da fermo tecnico deve essere provato in concreto, né all’uopo si può adottare il criterio di liquidazione equitativa di cui all’art. 1226 c.c. che riguarda la sua quantificazione e non la sua esistenza.

Tribunale Cagliari, 06-12-1995.

Il risarcimento, da effettuarsi per equivalente pecuniario rivalutato, deve tener conto del danno immediato e diretto (nella specie danno subito dall’autoveicolo colpito dalla caduta dell’albero), del danno indiretto (fermo tecnico), nonché del mancato godimento delle utilità che avrebbe potuto dare il bene, a rimpiazzare le quali, tra gli altri criteri presuntivi ed equitativi, può soccorrere la corresponsione degli interessi; detti interessi, il cui tasso non deve necessariamente essere quello legale, vanno calcolati, anno per anno, sul valore della somma via via rivalutata nell’arco di tempo che intercorre tra il giorno del sinistro e quello della pronuncia.

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