Cass., sez. III, 14-07-2003, n. 10987.
Qualora il giudice di merito accerti in concreto la colpa dei conducenti dei veicoli venuti in collisione, uno dei quali rimanga vittima di lesioni o morte, ed applichi lo stesso la presunzione di eguale responsabilità fissata dall’art. 2054, 2º comma, c.c., per l’impossibilità di graduare le colpe, non può negare il risarcimento del danno morale sul rilievo che la responsabilità viene affermata su base presuntiva, ma è tenuto ad accertare, in mancanza di accertamento vincolante del giudice penale, se sia ravvisabile un’ipotesi di reato, concedendo o negando il risarcimento a seconda dell’esito dell’accertamento.
Cass., sez. III, 31-05-2003, n. 8827.
La lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. va tendenzialmente riguardata non già come occasione di incremento generalizzato delle poste di danno (e mai come strumento di duplicazione di risarcimento degli stessi pregiudizi), ma soprattutto come mezzo per colmare le lacune nella tutela risarcitoria della persona, che va ricondotta al sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, quest’ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto (configurabile solo quando vi sia una lesione dell’integrità psico-fisica secondo i canoni fissati dalla scienza medica), del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso (il cui ambito resta esclusivamente quello proprio della mera sofferenza psichica e del patema d’animo) nonché dei pregiudizi, diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto; ne deriva che, nella liquidazione equitativa dei pregiudizi ulteriori, il giudice, in relazione alla menzionata funzione unitaria del risarcimento del danno alla persona, non può non tenere conto di quanto già eventualmente riconosciuto a titolo di danno morale soggettivo, pure esso risarcibile, quando vi sia la lesione di un tale tipo di interesse, ancorché il fatto non sia configurabile come reato.
Cass., sez. III, 12-05-2003, n. 7282
Cass., sez. III, 12-05-2003, n. 7283
Alla risarcibilità del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. e 185 c.p. non osta il mancato positivo accertamento della colpa dell’autore del danno se essa, come nel caso di cui all’art. 2054 c.c., debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se, ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato.
Cass., sez. III, 30-11-2000, n. 15330.
La norma sul danno morale di cui all’art. 2059 c.c. (danno consequenziale, sì, al danno biologico, ma da questo concettualmente distinto, attenendo il primo alla sfera del danno alla salute, il secondo, specificamente, a tutte le sofferenze psichiche e morali subite a causa del comportamento illecito dell’agente) si ispira ai medesimi criteri risarcitori «integrali» di cui alla generalklausel di cui all’art. 2043 c.c. e non ha, pertanto, natura indennitaria del pretium doloris, ma considera tutte le sofferenze di ordine psichico e morale che il danneggiato subisca in conseguenza dell’evento dannoso ingiusto, e si fonda, pertanto, sul principio costituzionale di cui all’art. 2 della carta fondamentale, che tutela e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo.
Cass., sez. III, 22-03-2001, n. 4113.
Ai sensi dell’art. 2059 c.c. in correlazione con l’art. 185 c.p. non può pronunciarsi condanna al risarcimento del danno non patrimoniale (c.d. danno morale), allorché la responsabilità dell’autore del fatto illecito dipendente dalla circolazione dei veicoli sia affermata non già a seguito dell’accertamento dell’elemento psicologico che costituisce indefettibile elemento del reato, ma in base alla presunzione stabilita dall’art. 2054 c.c.
Cass., sez. III, 17-01-2001, n. 589.
Non è ammissibile la condanna del danneggiante al risarcimento del danno morale, quando la colpa non sia stata accertata in concreto, ma sia stata affermata in base ad una presunzione di legge.
Cass., sez. III, 17-11-1999, n. 12741.
In tema di risarcimento del danno da circolazione dei veicoli, qualora l’accertamento della responsabilità sia stato effettuato in base alla presunzione di cui all’art. 2054, 2º comma, c.c., senza alcun concreto accertamento e qualificazione del fatto come reato, difetta il necessario presupposto per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c.
Cass., sez. III, 21-11-2000, n. 15022.
Nei casi d’improcedibilità dell’azione penale per difetto di querela, spetta al giudice civile accertare se ricorrano o meno gli estremi di un reato al fine della liquidazione dei danni morali.
Cass., sez. lav., 09-10-2000, n. 13425.
Ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale l’inesistenza di una pronuncia del giudice penale, nei termini in cui ha efficacia di giudicato nel processo civile a norma degli art. 651 e 652 c.p.p., comporta che il giudice civile possa accertare incidenter tantum l’esistenza del reato, nei suoi elementi obiettivi e soggettivi, individuandone l’autore e procedendo al relativo accertamento nel rispetto dei canoni della legge penale (fattispecie relativa ad un giudizio civile in materia di risarcimento dei danni conseguenti ad un infortunio sul lavoro preceduto da una sentenza penale c.d. di patteggiamento).
Cass., sez. III, 03-03-2000, n. 2367.
Cass., sez. III, 24-03-2000, n. 3536
Ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale derivante da un fatto illecito astrattamente integrante estremi di reato, l’inesistenza di una pronuncia del giudice penale non costituisce impedimento all’accertamento, da parte del giudice civile, della sussistenza degli elementi costitutivi del reato.
Cass., sez. III, 14-02-2000, n. 1643.
Ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale, a norma dell’art. 2059 c.c., l’inesistenza di una pronuncia del giudice penale, nei termini in cui ha efficacia di giudicato nel processo civile a norma degli art. 651 e 652 c.p.p., l’estinzione del reato (art. 198 c.p.), l’improponibilità o l’improcedibilità dell’azione penale non costituiscono impedimento all’accertamento da parte del giudice civile della sussistenza degli elementi costitutivi del reato; in ogni caso l’accertamento del giudice civile deve essere condotto secondo la legge penale e deve avere ad oggetto l’esistenza del reato in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi, ivi comprese eventuali cause di giustificazione e l’eccesso colposo ad esse relativo; ne consegue che, perché possa sussistere un reato e consequenzialmente la responsabilità del suo autore per il danno non patrimoniale, occorre non solo che sia integrato l’elemento materiale del reato, ma anche l’elemento psicologico negli esatti termini in cui è previsto dalla norma penale e che l’accertata esistenza dell’eccesso colposo (art. 55 c.p.), in relazione ad una causa di giustificazione in presenza della quale è stato compiuto un delitto punibile solo a titolo di dolo, comporta in sede penale la non punibilità dell’autore ed in sede civile la non ipotizzabilità di un danno non patrimoniale ai sensi del combinato disposto degli art. 2059 c.c. e 185 c.p.
Cass., sez. III, 19-02-1998, n. 1761.
Il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale è dovuto indipendentemente dalla rispondenza del fatto ad una qualsiasi ipotesi di illecito penale e, pertanto, anche nella eventualità che il fatto, pur costituendo reato nel momento della sua commissione, abbia successivamente perduto siffatta connotazione per effetto di abolitio criminis.
Cass., sez. I, 10-11-1997, n. 11038.
La risarcibilità del danno non patrimoniale, prevista dall’art. 2059 c.c. in relazione all’art. 185 c.p. non richiede che l’illecito integri in concreto un reato, essendo sufficiente che sia astrattamente preveduto come tale, come si desume dall’art. 198 c.p. secondo cui l’estinzione del reato o delle pene non importa l’estinzione delle obbligazioni civili derivanti dal reato medesimo (fattispecie in tema di estinzione del reato per amnistia).