Cass., sez. III, 16-05-2003, n. 7632.
Il danno biologico terminale, ovvero il danno subìto dal de cuius nell’intervallo di tempo tra la lesione del bene salute e il sopraggiungere della morte conseguente a tale lesione rientra nel danno da inabilità temporanea, la cui quantificazione equitativa va operata però tenendo conto delle caratteristiche peculiari di questo pregiudizio, consistenti nel fatto che si tratta di un danno alla salute che, sebbene temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, sia che si applichi il criterio di liquidazione equitativa «puro» sia che si applichi il criterio di liquidazione tabellare, in quanto entrambi questi criteri di liquidazione sono legittimamente utilizzabili, purché vengano dal giudice adeguatamente «personalizzati», ovvero adeguati al caso concreto.
Cass., sez. III, 16-05-2003, n. 7632.
In tema di risarcibilità del danno biologico, nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni subite dalla vittima del danno e la morte causata dalle stesse, è configurabile un danno biologico risarcibile subìto dal danneggiato, ed il diritto del danneggiato a conseguire il risarcimento è trasmissibile agli eredi, che potranno agire in giudizio nei confronti del danneggiante iure hereditatis; in questo caso, la misura del danno dovrà essere determinata in relazione alla effettiva menomazione dell’integrità psicofisica subìta dal soggetto per il periodo di tempo tra il verificarsi delle lesioni e il sopraggiungere della morte, per cui essa sarà correlata all’inabilità temporanea.
Cass., sez. III, 24-02-2003, n. 2775.
In materia di responsabilità civile, il danno biologico da invalidità permanente consiste nelle ripercussioni negative (di carattere non patrimoniale e diverse dalla mera sofferenza psichica della permanente lesione dell’integrità psico-fisica del soggetto leso per l’intera durata della sua vita residua, normalmente presunta, ma che è invece nota se sopraggiunga la morte; ne consegue che la morte del soggetto offeso, anche se avvenuta dopo un apprezzabile intervallo di tempo dalle lesioni subìte, non consente di ritenere maturato a suo favore un diritto di credito da danno biologico «consolidato» (da liquidarsi «come se» fosse sopravvissuto alle lesioni per il tempo corrispondente alla sua ordinaria speranza di vita), sicché il credito trasmissibile agli eredi è esclusivamente quello da danno biologico subìto per l’effettiva durata della sopravvivenza.
Cass., sez. III, 22-03-2001, n. 4112.
Nella valutazione del danno alla salute, devono essere tenute distinte l’invalidità permanente - cioè la stabile limitazione della piena esplicazione delle proprie attitudini di vita che dopo la guarigione residua alla persona in conseguenza di una altresì stabile menomazione della sua integrità - e l’invalidità temporanea - ossia la temporanea più o meno completa impossibilità di esplicare taluni aspetti di quelle attitudini nel periodo che precede la guarigione -; è logicamente ammissibile una liquidazione in cifra complessiva dei due tipi di invalidità, a condizione che il giudice mostri di tenere in considerazione ogni componente del danno accertato; non è viceversa ammissibile una liquidazione a punto di invalidità che pretenda di inglobare, nel valore del punto, l’invalidità permanente e quella temporanea, giacché tra le due non v’è una relazione stabile.