Cass., sez. III, 09-02-2005, n. 2653.
In tema di assicurazione obbligatoria ex lege n. 990/1969, gli stretti congiunti di una persona deceduta a seguito di incidente automobilistico che agiscano iure proprio per il risarcimento del danno loro derivato dalla morte della vittima in ragione dello stretto rapporto di parentela che alla stessa li legava, prospettano la lesione di un diritto proprio derivato dallo stesso fatto che ha provocato la morte e ad esso causalmente collegato ex art. 1223 c.c., sicché il limite del risarcimento non è, in tal caso, cumulativamente per tutti quello previsto per una sola persona danneggiata, ma, distintamente per ciascuno di loro, quello previsto per ciascuna persona danneggiata.
Cass., sez. III, 31-05-2003, n. 8828.
Il soggetto che chiede iure proprio il risarcimento del danno subìto in conseguenza della uccisione di un congiunto per la definitiva perdita del rapporto parentale lamenta l’incisione di un interesse giuridico diverso sia dal bene salute, del quale è titolare (la cui tutela ex art. 32 cost., ove risulti intaccata l’integrità psicofisica, si esprime mediante il risarcimento del danno biologico), sia dall’interesse all’integrità morale (la cui tutela, ricollegabile all’art. 2 cost., ove sia determinata una ingiusta sofferenza contingente, si esprime mediante il risarcimento del danno morale soggettivo), e ciò in quanto l’interesse fatto valere è quello alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia e alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli art. 2, 29 e 30 cost.; trattasi di interesse protetto, di rilievo costituzionale, non avente natura economica, la cui lesione non apre la via ad un risarcimento ai sensi dell’art. 2043 c.c., nel cui ambito rientrano i danni patrimoniali, ma ad una riparazione ai sensi dell’art. 2059 c.c. - senza il limite ivi previsto in correlazione all’art. 185 c.p. in ragione della natura del valore inciso - vertendosi in materia di danno che non si presta ad una valutazione monetaria di mercato.
Cass., sez. III, 31-05-2003, n. 8827.
La lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. va tendenzialmente riguardata non già come occasione di incremento generalizzato delle poste di danno (e mai come strumento di duplicazione di risarcimento degli stessi pregiudizi), ma soprattutto come mezzo per colmare le lacune nella tutela risarcitoria della persona, che va ricondotta al sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, quest’ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto (configurabile solo quando vi sia una lesione dell’integrità psico-fisica secondo i canoni fissati dalla scienza medica), del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso (il cui ambito resta esclusivamente quello proprio della mera sofferenza psichica e del patema d’animo) nonché dei pregiudizi, diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto; ne deriva che, nella liquidazione equitativa dei pregiudizi ulteriori, il giudice, in relazione alla menzionata funzione unitaria del risarcimento del danno alla persona, non può non tenere conto di quanto già eventualmente riconosciuto a titolo di danno morale soggettivo, pure esso risarcibile, quando vi sia la lesione di un tale tipo di interesse, ancorché il fatto non sia configurabile come reato.
Cass., sez. III, 14-07-2003, n. 11007.
Con riferimento al risarcimento del danno morale per la morte di un congiunto, il giudice di merito nell’effettuare la quantificazione del danno deve tener conto delle effettive sofferenze patite dall’offeso, nella gravità dell’illecito di rilevo penale e di tutti gli elementi della fattispecie concreta, tra i quali assume rilevanza primaria il patema d’animo, ovvero l’entità oggettiva della sofferenza morale, e deve rispettare l’esigenza di una razionale correlazione tra l’entità oggettiva del danno e l’equivalente pecuniario di esso, in modo da rendere il risarcimento adeguato al caso concreto, evitando che la liquidazione del danno morale si riduca ad una somma meramente simbolica (nel caso di specie la suprema corte ha ritenuto che il giudice di merito avesse fatto corretta applicazione di tale principio di diritto, essendosi solo limitato ad affermare - a fronte di una liquidazione del danno morale per quaranta milioni - che la scomparsa di una persona avanti negli anni è meno traumatica della scomparsa di un congiunto giovane, e che il trauma psichico è inferiore per la scomparsa di un congiunto con il quale non si convive più).
Cass., sez. III, 17-07-2002, n. 10393.
Il danno morale, tradizionalmente definito come pretium doloris viene generalmente ravvisato nell’ingiusto turbamento dello stato d’animo del danneggiato o anche nel patema d’animo o stato d’angoscia transeunte generato dall’illecito; detto risarcimento può essere accordato anche al coniuge separato per la morte dell’altro coniuge, in quanto lo stato di separazione personale non è incompatibile, di per sé, con tale ristoro, dovendo aversi riguardo, oltre che alla sua tendenziale temporaneità ed alla possibilità di una riconciliazione che ristabilisca la comunione materiale e spirituale tra i coniugi e l’unità della famiglia, anche alle ragioni che l’hanno determinato e a ogni altra utile circostanza idonea a manifestare se e in quale misura l’evento luttuoso, dovuto all’altrui fatto illecito, abbia procurato al coniuge superstite quelle sofferenze morali che di solito si accompagnano alla morte di una persona più o meno cara.
Tribunale Napoli, 12-02-2002.
La morte di un figlio a seguito di sinistro stradale, determinando un’infinita serie di pregiudizi che si riflettono negativamente sull’esistenza dei prossimi congiunti successivamente alla morte del parente e che fanno sì che la loro vita di relazione non sia più la stessa, è risarcibile a titolo di danno esistenziale.
Cass., sez. III, 20-12-2001, n. 16073.
Il danno non patrimoniale patito dal coniuge per morte dall’altro coniuge non può essere risarcito nel caso di cessazione dell’affectio coniugalis, valutata sulla base delle risultanze istruttorie della causa di separazione tra i coniugi, ancora in corso al momento della morte del coniuge.
A. Torino, 04-10-2001.
Il soggetto, che abbia perso il padre in conseguenza di un fatto illecito verificatosi prima della sua nascita, ha subito un danno ingiusto essendo ravvisabile in capo al concepito una situazione tutelata dall’ordinamento giuridico, costituita dal diritto alla vita ed a condizioni di vita tali che la personalità dell’individuo si estrinsechi nel miglior modo possibile; conseguentemente il figlio rimasto privato del padre prima della nascita ha diritto ad essere risarcito per le privazioni economiche sotto il profilo del diritto al mantenimento, per la sofferenza morale e per il danno esistenziale inteso come alterazione negativa di prospettiva di vita futura.
Tribunale Palermo, 08-06-2001.
La risarcibilità dei danni morali per la morte di un congiunto presuppone, oltre al rapporto di parentela, anche la perdita, in concreto, di un effettivo e valido sostegno morale, non riscontrabile in mancanza di una situazione di convivenza, ove si tratti di soggetto che, per il tipo di parentela, non abbia diritto di essere assistito anche moralmente dalla vittima; in particolare, devono senz’altro considerarsi come aventi diritto al risarcimento il coniuge, i figli, i genitori, i fratelli e le sorelle (in breve, tutti i componenti della c.d. famiglia nucleare, per i quali appare irrilevante anche la cessazione della convivenza); quanto agli altri parenti ed affini (nonni, nipoti, zii, cugini, cognati ecc.), la legittimazione attiva può esser loro riconosciuta soltanto se, oltre all’esistenza del rapporto di parentela o di affinità, concorrano ulteriori circostanze atte a far ritenere che la morte del familiare abbia comportato la perdita di un effettivo e valido sostegno morale.
A. Milano, 30-11-1999.
Al fine della liquidazione del danno morale dei superstiti per la morte del congiunto, si deve tener conto dell’età del defunto, del rapporto di parentela con i superstiti, della esistenza di uno solo o più superstiti, della eventuale convivenza.
Tribunale Ferrara, 24-06-1996.
Per quanto riguarda la quantificazione del danno morale subito dai familiari della vittima di un sinistro stradale, è necessario procedere ad una liquidazione equitativa, tenendo conto della gravità dell’illecito penale, dell’età della vittima e dei congiunti, e del rispettivo grado di parentela.