Nelle pronunce n. 8599/01 e 10980/01, la Suprema Corte ha ribadito l’inadeguatezza del criterio del triplo della pensione sociale. In base a tale criterio, che era stato introdotto dalla giurisprudenza del Tribunale di Genova, ma da questo, poi, abbandonato (Trib. Genova 28 settembre 1998, in Foro it., 1999, I, 684), il danno biologico è liquidato sulla base del parametro costituito dall’ammontare annuo del triplo della pensione sociale, moltiplicato per un coefficiente che tiene conto della probabile durata della vita residua e per il grado di invalidità permanente. Il sistema del triplo della pensione sociale, inizialmente, è stato adottato da numerose corti ed è stato ritenuto ammissibile anche dalla Suprema Corte (Cass. 11 maggio 1989, n. 2150, in Giur. it., 1989, I, 1, 1832; Cass. 16 gennaio 1985, n. 102, in Riv. giur. circ. trasp., 1985, 521). In seguito, però, la Cassazione ha ripudiato tale orientamento, escludendo che il danno biologico possa essere liquidato con un criterio (art. 4 d.1. 23 dicembre 1976, n. 857) che si riferisce al pregiudizio patrimoniale conseguente alla menomazione della capacità di produzione del reddito personale e che è ben diverso dalla nozione di danno biologico.
Nelle sentenze n. 8599/2001 e 10980/2001, la Suprema Corte ha ribadito i principi che reggono la liquidazione del danno biologico: la liquidazione non può avvenire con il criterio del triplo della pensione sociale, ma occorre far riferimento al criterio equitativo di cui agli artt. 1223 e 2056.
Recentemente la Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, 07-06-2011, n. 12408 e Cass. civ., sez. III, 30-06-2011, n. 14402.) ha ravviato nella esigenza di uniformità di trattamento ha sancito la prevalenza delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, ponendo l’accento sulla circostanza che le tabelle milanesi, in quanto statisticamente più testate, appaiono idonee ad orientare la valutazione in modo più egualitario