La liquidazione del danno biologico effettuata sulla base delle «tabelle» elaborate nei diversi uffici giudiziari si basa sul potere del giudice di far ricorso al criterio equitativo previsto dall’art. 1226 c.c.. La giurisprudenza della Suprema Corte ha in varie occasione ribadito il principio che il giudice di merito può anche ispirarsi a criteri predeterminati e standardizzati, purchè effettui la necessaria personalizzazione del criterio adottato al caso specifico; entro tali limiti, è un criterio valido di liquidazione quello che assume a parametro il valore medio del punto di invalidità, calcolato sulla media dei precedenti giudiziari, con la conseguenza che l’adozione di detto criterio è incensurabile in sede di legittimità, purché sorretta da congrua motivazione in ordine all’adeguamento del valore medio del punto alla peculiarità del caso; il medesimo adeguamento è richiesto per l’adozione del criterio tabellare, in base al quale viene differenziato il valore del punto di invalidità in relazione alla riduzione della capacità psicofisica ed alla età del soggetto danneggiato, con superamento del valore fisso del punto di invalidità.
La Suprema Corte ha anche affermato che (Cass., sez. II, 29-07-2005, n. 16094) In tema di liquidazione equitativa del danno, al fine di evitare che la relativa decisione si presenti come arbitraria e sottratta ad ogni controllo, è necessario che il giudice indichi, almeno sommariamente e nell’ambito dell’ampio potere discrezionale che gli è proprio, i criteri seguiti per determinare l’entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al quantum.